
A detta di molti, l’intelligenza artificiale (AI) è la tecnologia più dirompente del secolo; ormai pervade le app che abbiamo installato sui nostri smartphone ed è entrata prepotentemente a far parte dei piani aziendali di aziende operanti nei settori più disparati, e negli ultimi anni, non solo le big tech, ma anche i governi di mezzo mondo, hanno inserito nei loro programmi di sviluppo la creazione di task forces dedicate all’AI. Questo ruolo primario, molto probabilmente, verrà conservato per molto tempo ancora. Se vogliamo fornire una definizione nazional popolare dell’AI possiamo dire che è quell’insieme di metodi e tecniche che tendono ad imitare i comportamenti umani in azioni come l’apprendimento, la risoluzione dei problemi e l’elaborazione del linguaggio e, aggiungerei, fortunatamente, non possono ancora imitare comportamenti quali la saggezza, l’intuizione, l’umorismo e l’empatia. Quando si parla di AI, spesso viene nominato anche l’apprendimento automatico, il cosiddetto Machine Learning (ML). Spesso, però, i termini AI ed ML vengono confusi nonostante il loro “mestiere” sia completamente diverso : il machine learning, infatti, attraverso l’osservazione statistica di un fenomeno, crea algoritmi atti ad identificare serie di dati e ad impostare, di conseguenza, alcune azioni elementari. Se consideriamo la genia, il campo di applicazione e le azioni messe in campo, direi che tra AI ed ML c’è una bella differenza (secondo alcuni il ML sarebbe una parte dell’AI, ma questa affermazione non mi trova pienamente d’accordo). Per chiudere il cerchio possiamo affermare che il ML è il papà dell’AI, in considerazione del fatto che l’aumentare progressivo degli algoritmi studiati ha comportato una scalabilità dei sistemi e, di conseguenza, un cambio di paradigma. Come ultima discriminante, aggiungerei che, se l’AI tende a “sostituire” la cognizione umana, il ML, invece, la supporta le nostre cognizioni per aumentarle. Il ML è alla base della maggior parte dei sistemi di prevenzione frodi in ambito finanziario (e non AI come comunemente viene indicato). Queste due branche dello studio e dell’applicazione dei dati se la batteranno per molto tempo ancora e non è facile individuare chi sarà il vincitore, anche se io mi sento di condividere il pensiero di Michael I. Jordan, ricercatore in ML ed AI, professore nel dipartimento di ingegneria elettronica e scienze informatiche dell’università di Berkeley: “spesso i progetti di AI falliscono per eccesso di ambizione mentre quelli di ML, essendo più circoscritti e meno pretenziosi, hanno più successo. Il ML è essenziale per qualsiasi azienda in cui le decisioni potrebbero essere legate a dati su larga scala, quindi, la prima regola per il successo nell’AI è smettere di fare AI e incentrare, invece, la scienza dei dati, come fondamentalmente nel ML, sulla ricerca di modelli in grandi quantità di dati.” Ai posteri l’ardua sentenza !
E’ notizia di ieri che Tink, piattaforma leader nel mondo dell’open banking e Tribe, provider tecnologico in ambito payments, hanno stipulato una partnership che permetterà a Tribe, per i propri clienti del Regno Unito, di diventare fornitore dei servizi di PIS (Payment Initiation Service) e AIS (Account Information Service). Se è vero, però, che le iniziative riguardanti l’open banking funzionano tantissimo nei paesi del nord Europa, dove le aziende che erogano questi servizi (anche prima che arrivasse la PSD2) godono di un trust molto forte e dove c’è un’abitudine consolidata a condividere alcuni dati bancari, mentre, ad altre latitudini, nonostante il fiorire di iniziative, la fiducia stenta a decollare. Come si evince dal primo report trimestrale 2021 di Vocalink tante sono le iniziative in essere nel nostro paese e molti i TPP attivi (anche se il 90% di questi sono alloctoni)

Questi attori dovrebbero, a mio modesto parere, lasciare da parte la tattica ed indossare i panni di strateghi, solo così potranno averla vinta nell’agone italiano. Ieri ricorreva il bicentenario della scomparsa di Napoleone Bonaparte (io, essendo sempre contro corrente, ve ne parlo ovviamente oggi) e dell’ode di Alessandro Manzoni “5 Maggio”, che è un poetico elogio funebre del condottiero transalpino (non vi saranno sfuggiti alcuni richiami manzoniani, sparsi qua e là nel post). Un po’ come vengono confusi i termini AI e ML, spesso si tende a confondere quelli di “tattico” e “stratega”; Napoleone era un grande tattico o un insigne stratega ? Celere nell’accogliere il segno dei tempi, attiva la coscrizione obbligatoria, potenzia artiglieria e cavalleria, sceglie con attenzione maniacale le persone da dedicare ai ruoli chiave nella catena di comando dell’esercito, meglio se provenienti da lunga gavetta, organizza spostamenti veloci delle sue formazioni ed è abilissimo a separare quelle nemiche; nelle sue grandi sconfitte, però, subisce generali avversari temporeggiatori che lo logorano, con piccoli scontri ripetuti, fino a sconfiggerlo, lui, esperto di battaglie campali incapace di adottare un cambiamento di linea. Eh si Napoleone era un grande tattico ma un pessimo stratega, incapace, come ci ricorda Giovanni Brizzi, studioso di Storia Militare dell’Ateneo di Bologna, di cogliere le ragioni che rendono imbattibili i suoi nemici.
“…E ripensò le mobili
Tende, e i percossi valli,
E il lampo de’ manipoli,
E l’onda dei cavalli,
E il concitato imperio,
E il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio
Cadde lo spirto anelo,
E disperò: ma valida
Venne una man dal cielo,
E in più spirabil aere
Pietosa il trasportò…”
A prestissimo e… mai paura !