“Nessuno sceneggiatore di Hollywood avrebbe potuto scrivere un copione migliore … quando Nelson Mandela mi diede la Coppa mi disse – Grazie per quel che ha fatto per il Sudafrica -, e io gli risposi: Grazie per quel che ha fatto Lei ! “
(Francois Pienaar, capitano della nazionale Sudafricana, campione del mondo 1995)
Nelson Mandela e Francois Pienaar, nel 1995, furono protagonisti di un miracolo, politico, umano e sportivo : la vittoria del Sudafrica ai campionati del mondo di rugby, ospitati proprio in Sudafrica !
Fino ad allora, in quelle terre, i Bianchi avevano eletto il rugby a massimo esempio della loro “supremazia” e per i Neri quello sport non era niente altro che il simbolo dell’oppressione; una divisione nella divisione insomma.
Il Sudafrica era da poco uscito dall’Apartheid (con le elezioni del ’94 che videro trionfare l’African National Congress guidato da Mandela) e Nkosi Sikelel’ iAfrika, scritto nel lontano 1897, dal maestro elementare Enoch Mankayi Sontonga, diventa, finalmente, l’inno nazionale sudafricano. La versione definitiva contempla strofe nella originale lingua Xhosa, cui si aggiungono quelle in lingua Zulu, Sotho, Afrikaans e in inglese, andando a rappresentare così tutte le anime di quella che diventerà per tutti la nazione arcobaleno. L’inno nacque sotto forma di preghiera per l’Africa ed i suoi figli (il titolo si traduce infatti in “Dio protegga l’Africa”) e divenne ben presto il simbolo della chiesa metodista. Quando, nel 1912, subito dopo la proclamazione del Sudafrica come “dominion” britannico e l’invasione di inglesi ed olandesi, arrivati per sfruttare i giacimenti di diamanti, nasce l’ANC, questo adotta immeditamente Nkosi Sikelel’ iAfrika come proprio inno.
Il testo è intriso di amore e preoccupazione per la nazione sudafricana, una dichiarazione di pace, un richiamo forte all’unità di tutte le culture che convivono in questa terra, poichè solo con la condivisione e la pace, tutti possono godere delle bellezze dei cieli, delle montagne e del mare di questo paese fantastico, e termina con la frase “lasciaci vivere e combattere per la libertà, in Sudafrica, la nostra terra”!
Torniamo per un attimo alla foto che compare all’inizio del post: per l’occasione Nelson Mandela indossa la stessa maglia del capitano Pienaar, quella con il numero 6, quella con il simbolo dell’antilope (lo Springbock), che tanto era stato osteggiato dalla popolazione di colore, ma che Mandela difese ad oltranza. Mandela si sentiva veramente “il capitano” di quella nazionale, di quella splendida avventura che si concluse con il trionfo nello stadio di Johannesburg; si sentiva “il capitano” perchè, come ricordava spesso nelle sue interviste e nella apparizioni pubbliche, c’era una poesia che contribuì ad alleviare il suo disagio, il suo dolore, durante la dura prigionia negli anni dell’apartheid :
INVICTUS di William Ernest Henley
Dal profondo della notte che mi avvolge,
Nera come un pozzo da un estremo all’altro,
Ringrazio qualunque dio ci sia
Per la mia anima invincibile.
Nella stretta morsa delle avversità
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi avversi della sorte
Il mio capo sanguina, ma non si china.
Oltre questo luogo di rabbia e lacrime
Incombe solo l’orrore della fine.
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretta sia la porta,
Quanto impietosa sia la vita,
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.
E adesso godetevi la splendida atmosfera di quel giorno d’estate del 1995 : Nkosi sikelel’ iAfrika !